San Galgano – La Vera Spada nella Roccia
Molti conoscono la leggenda della Spada nella Roccia, che il giovane Artù riuscì ad estrarre, diventando così re d’Inghilterra. La prima forma scritta di questa leggenda risale al 1200, in un’opera francese in versi chiamataMerlin, scritta da Robert de Boron.
Comunque, una vera e antica spada metallica, conficcata in una roccia, esiste veramente e si trova in Toscana. La si può ammirare nel centro di una bella cappella rotonda, sulla sommità di una collinetta circondata dai boschi selvaggi della regione, presso il paese di Chiusdino (Siena). Ai piedi della collina, le rovine di un’abbazia gotica senza tetto, in cui l’erba ha sostituito il pavimento di
pietra delle navate, aumentano il fascino mistico del luogo.
La spada è attribuita a San Galgano, un cavaliere fattosi eremita, morto nel 1181. Essa risalirebbe quindi allo stesso periodo della leggenda arturiana.
Chi era S. Galgano
La figura di san Galgano, che si dice nato a Chiusdino nel 1148, è circondata di mistero e leggende. Non sono state trovate prove storiche dirette della sua esistenza, e neppure documenti scritti contemporanei agli anni in cui egli visse.
Si narra che Galgano fosse un giovane arrogante e dissoluto che si fece cavaliere dopo avere avuto una visione dell’Arcangelo Michele. Successivamente, durante una seconda visione – o sogno – S. Michele lo condusse, superando uno stretto ponte sopra un pericoloso corso d’acqua, a un prato con bellissimi fiori; attraversato poi un passaggio sotterraneo e giunto a una costruzione rotonda dov’erano presenti dodici individui (gli Apostoli? dei cavalieri?), a Galgano venne mostrato un libro che non seppe leggere (il Santo Graal?) e infine una visione della Maestà Divina.
Più tardi, cavalcando nei boschi presso il suo paese natio, il suo cavallo improvvisamente rifiutò di procedere, e Galgano riconobbe il luogo in cui si era trovato durante la visione.
Lì, in cima a una collinetta chiamata Montesiepi, egli conficcò la propria spada in una roccia – ove si trova tutt’oggi – rinunciando a una vita dedicata alla guerra e alla violenza, facendosi eremita e adorando l’arma capovolta, divenuta simile a una croce. Un anno più tardi, nel 1181, egli morì all’età di 33 anni, per essere canonizzato quattro anni dopo.
Il gesto di Galgano è identico (e opposto) a quello del futuro Re Artù, rivestendo un significato di pace e umiltà. Ma vi sono altre ovvie analogie tra le due storie. Galvano (Galwan) era il nome di uno dei Cavalieri della Tavola Rotonda, e alcuni particolari della storia di Galgano e del suo secondo sogno si rinvengono anche nei poemi successivi su Parsifal e Lancillotto, di Chrétien de Troyes.
La vita reale di Galgano si confonde con queste leggende quando, nel 1189, i monaci Cistercensi costruirono una cappella rotonda (la Rotonda della Spada) nel luogo ove si trovava la sua capanna; e poco dopo, a partire dal 1218, una stupenda abbazia gotica in una radura ai piedi della stessa collina.
Il corpo di Galgano, si narra, fu “sepolto accanto alla spada”, ma il punto preciso è da molti secoli dimenticato. I suoi resti furono dissepolti alcuni anni dopo la morte, e il suo cranio – ancora visibile nella chiesa del vicino paese di Chiusdino – è la sola reliquia ufficiale rimanente.
Non si hanno notizie di altre reliquie, per quanto piccole, poiché egli fu risepolto. Tutto ciò che rimane di questo affascinante santo, quindi, è il suo cranio, la sua spada, la cappella rotonda e una serie di sorprendenti coincidenze tra la sua storia e le leggende arturiane.
Nel 2001 ebbi l’opportunità di coordinare una serie di indagini scientifiche intraprese allo scopo di gettare luce sull’enigma di san Galgano raccogliendo dati oggettivi e concreti da questi resti.
Indagini scientifiche
1) Prospezioni col radar: la tomba del santo?
Uno dei nostri primi impegni fu di utilizzare uno speciale georadar (GPR, Ground-Penetrating-Radar) per esplorare sotto il livello del suolo, all’interno della Rotonda e al suo esterno. Questo strumento funziona in modo del tutto simile a un normale radar, in quanto invia fasci di microonde nel sottosuolo e riceve il loro riflesso, generando immagini di oggetti o strutture nascoste.
L’analisi fu condotta facendo scorrere lo strumento (montato su rotelle) lungo una griglia ideale, le cui linee distavano 40-50 cm tra di loro, e raccogliendo i dati in un computer dotato di apposito programma di visualizzazione.
L’analisi GPR rivelò che sotto il pavimento attorno alla spada vi è soltanto sabbia e pietrisco, con un’importante eccezione: una struttura rettangolare – di circa due metri per uno, alla profondità di circa due metri – forse un sarcofago o una tomba, fu infatti identificata sul lato Nord della Rotonda.
Ricerche successive presso l’Archivio di Stato di Firenze hanno rinvenuto le cronache di uno scavo che ebbe luogo nel 1694, durante il quale fu scoperto un recesso sepolcrale circondato di mattoni, che conteneva terra mescolata con ossa umane; forse i resti di alcuni dei primi seguaci di S. Galgano.
2) Datazione degli edifici: un altro enigma
Nei secoli seguenti, altri edifici furono aggiunti al nucleo originario della cappella rotonda (1182-1185). Quindi, ritenemmo utile tentare di confermare la datazione storica presunta del piccolo pronao o ingresso (del 1200 circa), della cappella laterale affrescata (1300), del campanile (1300?) e della canonica (1700) tramite dati strumentali ottenibili col metodo della termoluminescenza.
La termoluminescenza permette di datare alcuni materiali, contenenti minerali come il quarzo o i feldspati, ad esempio mattoni, vetro e terrecotte, determinando quando essi furono cotti nel forno. Questo metodo di datazione confermò le età storiche attese: l’ingresso fu probabilmente eretto nel 1140 ± 60, e il campanile verso il 1420 ± 50. Il materiale della cappella degli affreschi si rivelò inadatto per la datazione, ma da documenti storici esso risulta costruito attorno al 1340.
La Rotonda, il nucleo originale, riservò una sorpresa. La sua età risale al 985 ± 50, perciò circa un secolo e mezzo più antica di quanto atteso, benché per la sua costruzione si sarebbe potuto utilizzare mattoni di edifici più vecchi.
Prima dell’anno 1000, comunque, l’uso dei mattoni non era molto comune in Toscana, in quanto la maggior parte degli edifici era costruita in pietra.
3) La Spada nella roccia
Lo stile della spada è coerente con quello di armi simili dello stesso periodo e – sulla base della classificazione delle spade medievali di Ewart Oakeshott, ampiamente accettata – possiamo perfino classificarla come una spada del tipo Xa, peculiare del tardo secolo XII.
Documentazioni storiche e pittoriche attestano l’effettiva presenza di una spada in quella roccia almeno dal 1270. La spada è rappresentata sul reliquiario d’oro che conteneva il cranio di Galgano, e anche in un affresco della Cappella laterale addossata alla Rotonda.
Nel 1576 un altare di marmo sormontava la Spada e la roccia, che restavano visibili attraverso un’apertura. Nel 1832 essi furono poi protetti da un’inferriata metallica, ancora in loco nel 1924. Un testimone oculare (nato nel 1915, ora deceduto) ci riferì che ancora in quegli anni la spada poteva essere sfilata dalla fessura nella quale si trovava. Nello stesso anno, fu versato nella fessura del piombo fuso per bloccare la lama, e la grata metallica fu tolta.
Nel 1960 uno sconosciuto spezzò la lama nel tentativo di estrarla dalla roccia. La parte rotta fu rimessa nella posizione di prima, fissandola con del cemento, a cui in seguito fu aggiunto un secondo strato, dello stesso colore della roccia. Il 21 marzo 1991 la spada fu strappata di nuovo ad opera di un vandalo (presto catturato dalla polizia), ma fu poi risistemata.
Nel 2001, la ricostruzione di tutti questi avvenimenti era molto difficile. A peggiorare le cose, si diceva anche che la Spada fosse un falso del XIX secolo, o che fosse stata sostituita negli anni Venti, o che non vi fosse la lama nel masso.
Decidemmo di ispezionare il manufatto. Fu praticato un foro, di circa 11 mm di diametro, parallelo alla presunta posizione della lama, nella speranza di raggiungere la cavità o la massa di piombo. Il foro fu ispezionato con un endoscopio a fibre ottiche ma non abbiamo visto altro che roccia.
Parte del cemento che fissava il moncone spezzato alla sommità del masso fu quindi rimossa, e la parte superiore della spada fu liberata ed estratta. Fu praticata una seconda perforazione più breve, obliqua, che effettivamente giunse a rivelare un oggetto metallico (il resto della lama). Lo strato di cemento superiore fu ulteriormente rimosso fino a liberare circa due centimetri della lama conficcata nella fessura.
I due pezzi – i cui bordi coincidevano perfettamente, confermando che erano parte dello stesso manufatto – sono ora tenuti accostati, per ragioni estetiche, da un piccolo morsetto di acciaio inossidabile, rimovibile e pochissimo visibile, applicato dal lato posteriore.
Quando il cemento è stato rimosso, con un magnete abbiamo raccolto piccoli frammenti di metallo arrugginito provenienti dalla parte inferiore della lama e li abbiamo fatti esaminare chimicamente per identificare gli elementi presenti in tracce nel ferro. Queste analisi sono state eseguite presso l’Università di Pavia, per Assorbimento Atomico e per Attivazione Neutronica presso il reattore Triga Mark II del centro di ricerca del LENA.
Benché i manufatti di ferro non possano essere datati in modo univoco – come nel caso del carbonio-14 o della termoluminescenza – la composizione del metallo non ha messo in evidenza l’uso di leghe moderne, ed è quindi del tutto compatibile con un’origine medievale.
Sarebbe utile che fosse eseguita un’ulteriore analisi metallografica, consistente nell’esaminare con uno stereomicroscopio una piccola area (1 cm2) della spada, lucidata e trattata con una soluzione chimica. La forma, la deformazione e la composizione dei grani del ferro battuto fornirebbero ulteriori indicazioni sulla tecnica di fabbricazione del manufatto.
Nel 1999, un gruppo di ricerca spagnolo ha analizzato una spada dello stesso periodo della nostra, che era appartenuta al Cid Campeador, eroe nazionale della Spagna. Il gruppo ha determinato l’origine geografica del manufatto grazie a particolari elementi presenti in tracce nel ferro.
Purtroppo, una simile analisi non è stata possibile nel nostro caso; abbiamo però potuto confrontare la distribuzione degli elementi in traccia della Spada – quasi come una “impronta digitale” – con quella di frammenti di scorie di fonderia che ancora possono essere rinvenuti nei pressi dell’Abbazia di S. Galgano. Si tratta degli scarti dei piccoli forni siderurgici che erano usati dai monaci per fabbricare i propri piccoli oggetti di ferro, utilizzando il minerale metallifero della zona.
Se le “impronte digitali” delle scorie fossero coincise con quelle della Spada, avremmo potuto accertare l’origine locale di quest’ultima. D’altra parte, se non vi fosse stata coincidenza, non avremmo potuto stabilire nulla, poiché non si sa come effettivamente le impurezze si concentrino nel manufatto o nelle scorie durante il processo di raffinazione. Come spesso accade, si è presentato questo secondo caso: le “impronte digitali” delle scorie erano simili tra di loro, ma diverse da quelle della Spada.
Sarebbe però auspicabile eseguire ulteriore analisi: per esempio una radiografia della Spada alla ricerca di iscrizioni, ora invisibili, ma che potrebbero essere state incise, come si usava, all’estremità superiore dell’arma, presso la guardia, e che erano spesso il “marchio di fabbrica” del costruttore.
4) Macabre reliquie
Sono stati datati col metodo del carbonio-14, tramite la Beta Analytics (Florida) altri oggetti di natura organica, come una trave da un tetto demolito, e alcuni frammenti di legno che erano conservati in una piccola scatola di piombo la quale nel 1694 era stata sepolta sotto una lastra del pavimento presso la Spada.
Tutti questi materiali sono risultati risalire al XIX secolo. Comunque, sono stati esaminati anche due macabri arti umani mummificati, di origine sconosciuta, tradizionalmente esposti accanto alla Spada, in una vecchia teca di legno e vetro.
Le antiche cronache agiografiche narrano che, quando S. Galgano era ancora in vita, ma allontanatosi dalla sua capanna per visitare il Papa a Roma, tre uomini tentarono di estrarre la spada e – così dice la profetica leggenda – la spezzarono. Al ritorno, Galgano la riparò miracolosamente; ma nel frattempo i tre invidiosi erano stati crudelmente puniti: uno colpito da un fulmine, il secondo annegato in un fiume, il terzo attaccato dai lupi che gli dilaniarono le braccia.
Anche questi resti, che erano considerati false “pie reliquie” di epoca posteriore, esibite per l’edificazione morale dei fedeli, sono state datati al carbonio-14 e, sorprendentemente, risultano risalire al XII secolo, contemporanei quindi agli anni in cui visse il Santo. Essi, in ogni caso, non sono mai stati considerati reliquie di S. Galgano.
Molto probabilmente furono dissepolti nel 1694, quando furono eseguiti scavi alla ricerca della tomba del Santo, e appartengono a uno dei suoi primi discepoli, un eremita sepolto nella Rotonda.
Le braccia mummificate sono ora esposte in una nuova teca di metallo e vetro di sicurezza.
I Cavalieri Templari
Principale tra gli ordini cavallereschi religiosi, quello dei Templari fu fondato nel 1118 per proteggere i pellegrini in viaggio verso la Terra Santa. La loro regola, attribuita a Bernardo di Chiaravalle, fu approvata nel 1128 e varie donazioni permisero loro di avere diverse proprietà in Europa. È ben noto che il loro ordine, divenuto troppo potente, fu abolito da Papa Clemente V nel 1312, dopo che il re di Francia Filippo il Bello aveva eseguito arresti di massa, e più tardi giustiziato sul rogo 120 Templari, compreso il Gran Maestro Jacques de Molay.
Ma quando Galgano era in vita, l’ordine possedeva ancora tutta la sua potenza, e occupava una magione a Frosini, a pochi chilometri di distanza da Chiusdino. Vi sono tracce di simboli templari su alcune delle pietre della grande abbazia, e anche nell’ingresso della Rotonda di Montesiepi vi è una “croce patente” dipinta (una forma tipicamente templare) accanto a una conchiglia scolpita: i pellegrini verso Gerusalemme usavano bere da una conchiglia, divenuta il loro simbolo, e anche un simbolo templare.
Galgano potrebbe essere stato un cavaliere templare prima di diventare eremita? Non vi sono elementi che lo suggeriscano, benché i suoi vecchi amici gli dicessero “di andarsene oltre mare”. Come pellegrino, per non seccarli più, o come Templare, per guadagnare fama e ricchezze?
L’eremita Guglielmo da Malavalle: alle radici del mito del Santo Graal?
Nel 2002 ho partecipato a un’indagine sulle reliquie appartenenti ad un altro eremita e santo: Guglielmo da Malavalle, morto nel 1157 – a circa 60 anni – quando Galgano era ancora un fanciullo, e divenuto santo presso Grosseto, a circa 80 chilometri dalla cappella di S. Galgano.
Le leggende narrano che prima di dedicarsi a una vita di penitenza e diventare eremita (uccise anche un drago) egli era il Duca Guglielmo d’Aquitania: padre di Eleonora d’Aquitania, “la regina dei Trovatori”. Eleonora fu una della figure più importanti della storia medievale: sposa di Luigi VII di Francia, poi di Enrico d’Inghilterra, al quale diede otto figli, tra cui Riccardo Cuor di Leone.
Nella sua corte e in quella della figlia, Maria di Champagne, erano protetti e incoraggiati artisti e trovatori come Chrétien de Troyes, che stavano componendo il ciclo delle leggende arturiane tra il 1160 e il 1190.
Un team di paleoantropologi ha ora analizzato le ossa di Guglielmo di Malavalle per determinarne il sesso, l’età, lo stato di salute, la dieta, eccetera. Sono state tentate anche l’analisi del DNA e una ricostruzione facciale.
Ho analizzato alcune reliquie metalliche conservate accanto alle ossa nella teca delle sue reliquie di Tirli (GR), che comprendono una maglia metallica ad anelli, una cintura penitenziale, una sorta di casco penitenziale ecc., e che sono chiaramente costituiti da antico ferro battuto medievale.
In breve, tutte le analisi condotte sembrano indicare un uomo, morto a circa 50 o 60 anni. Le ossa lunghe delle gambe mostrano i segni tipici di chi era solito cavalcare per lunghi periodi, e le sue misure craniche combaciano con quelle della media della popolazione della Francia meridionale. Ovviamente questi sono solo indizi e non prove; ma non sono in disaccordo con ciò che le leggende narrano sulle nobili origini di Guglielmo di Malavalle, l’eremita.
Dunque potrebbe egli essere il legame tra la Spada nella roccia della Toscana e quella del ciclo arturiano? Benché le prime novelle di questa saga apparvero in forma scritta non prima del 1155, potrebbero esse avere avuto in parte origine dal gesto di pace di Galgano, che rinunciò alla violenza e alla guerra conficcando simbolicamente la propria spada nel terreno?
O, al contrario, furono le leggende arturiane ad essere sfruttate per abbellire il destino di un oscuro eremita e promuoverne il culto, quando i monaci Cistercensi si spinsero in quell’area subito dopo la morte di Galgano? Se fosse così, la stessa spada è forse un falso molto antico, posto là dai monaci nei primi anni del XIII secolo?
Altre prove potrebbero essere celate sotto la roccia, o emergere da un’accurata analisi della Spada o del cranio di S. Galgano. Il legame arturiano con Guglielmo di Malavalle/Aquitania potrebbe essere virtualmente impossibile da provare e restare uno dei molti misteri che circondano S. Galgano. Altri studi multidisciplinari sono ovviamente necessari per capire che cosa ancora cela la collina di Montesiepi.
Ma dove la scienza incontra i propri limiti, e il linguaggio delle pietre tace, continueremo a guardare con attonita meraviglia queste affascinanti rovine e a tentare di immaginare il significato nascosto di tutte quelle magiche storie.
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d) Legenda Beato Galgani confessoris, edita a fratre Rollando Pisano cod. G. I., 2 ff, 195r, 196v, Biblioteca Comunale di Siena – (XV sec). ed. G. B. Mansi in “Stephani Baluzii, Miscellanea novo ordine digesta…”, IV, Lucca, 1764, pp. 74-75.
e) Vita Beati Galgani Cod. Lauranziano, pl. 90 sup. 48, ff. 15v-21r; (parte di una collezione di vitae agostiniane del secondo quarto del XV sec. [1425-1450], di un monaco agostiniano di Firenze).
f) Leggenda di Sancto Galgano Confessore Cod. Chig. M. V. 118 ff. 177v.- 181r. (XV sec). Vedi cod apografo, mc. C VI, 8 Biblioteca Comunale Siena (XVIII sec).
g) Inquisitio in partibus Trascrizione dello storico Sigismundus Titius. See Cod.
Chig. 31, sec. XVI, ff 300v. – 305r.; (XVI sec). Ed. F. Schneider, Analecta Toscana, IV, Die Einsiedler Galgan von Chiusdino und die Aufhaenge von S. Galgano, in “Quellen und Forschungen aus italienische Archiven und Bibliotheken” XVII (1914-24), pp. 71-77.
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Un ringraziamento a tutti i ricercatori e le persone che hanno partecipato a queste indagini:
la rivista Focus (sponsorizzazione e contributi economici);
V. Albergo, parroco di Chiusdino; Maurizio Calì, webmaster di www.italiamedievale.it; M. Pagni, G. Roncaglia, Sovrintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, Firenze; R.Vernillo, Università di Siena (endoscopia);
E. Rizzio, M. Gallorini, G. Giàveri, L. Bergamaschi, Università di Pavia (analisi chimiche); E. Finzi, R. Francese, L. Vettore, Università di Padova (scansioni Georadar); E. Sibilia, Università di Milano-Bicocca (Termoluminescenza); G. Merckling, G. Rivolta, Istituto Scientifico Breda S.p.A. Milano e G. Cremante, Pavia (analisi metallografiche); F. Mallegni, G. Michelini, Università di Pisa e A. Drusini, Università di Padova (Paleoantropologia); S. Spinelli, parroco di Punta Ala e F. Agostinelli, vescovo di Grosseto; A. Conti (ricerche d’archivio); G. Domenicali e A. Villa (foto).
Fonte:
http://www.terrediconfine.eu
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